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Crescono i rifiuti e le ecomafie non solo in Campania che resta in coda anche per la raccolta differenziata

Napoli, 1 Novembre – L’Italia attraversa un altro dei suoi momenti politici non facili: il popolo vota in una direzione e il Palazzo lo governa con una minoranza orientata in altra direzione (esempi eclatanti sono le ultime votazioni europee e dell’Umbria). Resta il problema tutto italiano tra le democrazie moderne di considerare ancora suddito il cittadino. In Gran Bretagna, Francia e Germania, restando in Paesi grandi come il nostro e tralasciando i più piccoli, il cittadino è preminente sullo Stato burocratizzato, da noi è l’inverso, purtroppo e tale andamento culturale aumenta man mano che si scende lungo lo stivale. La volontà elettorale italiana viene disattesa e si potrebbe ipotizzare una dittatura della minoranza contravvenendo alle regole democratiche. Sembra passato molto più del reale tempo da quando il cavaliere milanese, S. Berlusconi, a capo del Governo repubblicano, riunì il governo a Napoli e utilizzò anche l’esercito per pulire dell’immondizia le strade di Napoli e provincia, dove le chiacchiere precedenti erano state inconcludenti come lo sono ritornate di fatto dopo. Nessuno ha imitato Berlusconi di usare esercito per risolvere il problema dei rifiuti in area metropolitana partenopea, ma lo hanno promesso soltanto.

Eppure Napoli docet in tante manifestazioni artistiche, culturali, ma non economiche né sociali, anche se a capo della Confindustria non è più un settentrionale, ma un ,meridionale e napoletano come preferito da Squinzi che gli lasciò il testimone. Dopo il governo Berlusconi a Napoli un enorme quantità di ecoballe si è accumulata nel territorio. Secondo Legambiente “La Regione Campania in questi anni ha avviato un piano di rimozione delle ecoballe basato su tre diversi azioni: recupero materiali presso l’impianto di Giugliano, la trasformazione in combustibile solido secondario (CSS) presso l’impianto di Caivano e infine il trasporto fuori Regione. Saranno 918.739 le tonnellate avviate presso la ex centrale turbogas di Giugliano in Campania per recuperare materiali utili al riciclo, programma che si avvierà nel 2020 e vedrà il suo completamento nel 2023, mentre sono 2.000.000 le tonnellate di ecoballe, che saranno avviate all’ impianto di tritovagliatura di Caivano per essere trasformato in CSS, piano anche questo che si avvierà nel 2020 e terminerà nel 2024.

Per il trasporto fuori regione sono state espletate due tornate di gara, rispettivamente nel 2016, con aggiudicazione di complessive 476.794 tonnellate e nel 2017, con l’aggiudicazione di 405.140 tonnellate. Tra la prima e la seconda tornata sono state rimasse, ad oggi, complessivamente 381.528 tonnellate pari al 8,9% del totale. Una terza gara di rimozione delle ecoballe è stimata in 509.507 tonnellate. Nel complesso, il piano della Regione Campania avvierà a rimozione 4.310.180 tonnellate di ecoballe, un piano ambizioso, con alcuni aspetti però ancora poco chiari come la gestione del rifiuto secondario prodotto dai trattamenti negli impianti di Giugliano in Campania e di Caivano”. La stampa spesso riporta di episodi della Terra dei Fuochi con i fuochi a capannoni come quelli della Stir di Santa Maria Capua Vetere, che aveva suscitato la reazione del Ministro grillino dell’Ambiente, S. Costa, che proprio all’indomani del rogo si era detto pronto a schierare l’esercito nella vigilanza di siti di rifiuti maggiormente sensibili. Dove sono i militari invocati da Costa? Che fine hanno fatto le buone intenzioni del Governo del cambiamento?”. Se lo chiede su Facebook Ermanno Russo, vicepresidente del Consiglio regionale della Campania. “Peraltro – aggiunge – le autorità sanitarie preposte a quest’ora avrebbero già dovuto dare indicazioni precise alla cittadinanza, sia rispetto alle precauzioni da adottare relative al consumo di frutta e verdura in quella zona sia rispetto all’aria di fatto contaminata dal rogo. Non mi pare che nulla di tutto questo sia accaduto dalle 5 di questa mattina ad ora”. Riporta il media online “la stampa artiglieria della libertà “di Scisciano (NA) che “Il dato politico più evidente di questa ennesima pagina di cattiva gestione del ciclo di rifiuti è che le istituzioni risultano incapaci nel controllo dei siti in qualche modo riconducibili alla pubblica amministrazione. Se va in fiamme uno Stir, uno di quei siti che il ministro Costa ritenne ‘sensibili’, come si può pensare di impedire e presidiare efficacemente territori come Arzano e Giugliano in cui discariche abusive spuntano come funghi e i roghi non si contano oramai più?”,conclude Russo.

Mentre il Trentino Alto Adige svetta sulla raccolta differenziata dei rifiuti le regioni del Mezzogiorno faticano a raggiungere la metà dell’immenso cumulo di rifiuti dei rifiuti. “A tutto il 2018, la Regione Campania, secondo i dati pubblicati nel Decreto Dirigenziale n.52 del 30.09.2019, chiude il saldo della raccolta differenziata su base regionale con un magro 52,7%. Dato medio decisamente poco lusinghiero che sconta come al solito i pessimi risultati conseguiti dalle province di Napoli (47,8%) e Caserta (52%) che in questo panorama purtroppo continuano a confermarsi spine nel fianco nel quadro dell’ottimizzazione del ciclo dei rifiuti urbani. Il dato 2018 però diventa addirittura preoccupante se rapportato con l’obiettivo che la giunta regionale si era data per lo stesso anno nel Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani, fissato al 61,3%”. E’ quanto scrive il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle V. Viglione in un post sulla sua pagina Fb. “Con una forbice di quasi 9 punti percentuali (8,6% per essere precisi) infatti – scrive ancora Viglione– siamo di fronte all’ennesima inequivocabile e sonora bocciatura della fantomatica rivoluzione più volte annunciata dal presidente De Luca in questi anni della quale però, tra impianti di compostaggio mai recuperati e mai avviati, politiche di riduzione a monte dei rifiuti mai nate e impiantistica per il trasformazione della materia prima seconda indispensabili per chiudere finalmente i ciclo dei rifiuti e rispondere agli obiettivi dell’economia circolare, non vi è alcuna traccia”.

Non c’è bisogno di un altro Berlusconi per ripulire dell’immondizia molte strade, piazze e spazi pubblici le aree critiche campane. Basterebbe la crescita della coscienza civica del cittadino abituato ed educato, purtroppo, ad essere suddito e con alta percentuale di refrattari alla partecipazione del governo della res publica. È il Nord Italia a differenziare meglio i rifiuti, ma è il Meridione a registrare un rallentamento maggiore nella loro produzione. Veneto la regione più virtuosa, Sicilia la peggiore. L’ultimo Rapporto sui rifiuti urbani 2018 dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) conferma le ottime performance del Nord Italia nel suo complesso, la macroarea in cui si differenzia di più. Dall’altra gli stessi dati indicano come sia il Sud Italia ad aver ridotto maggiormente i rifiuti urbani e, contemporaneamente, siano tutte in una regione del Nord, l’Emilia Romagna, le province dove se ne producono di più. Ecco, in sintesi, come appare la mappa della produzione di rifiuti e della raccolta differenziata in Italia. La raccolta differenziata nel nostro Paese ha raggiunto la percentuale di 55,5%. È il Nord Italia a differenziare di più (66,2%), seguito dal Centro (51,8%). I valori più bassi si registrano al Sud (41,9%). Il Veneto risulta la regione più virtuosa con la più alta percentuale di raccolta differenziata. In questa regione quasi tre rifiuti su quattro sono differenziati (73,6%). Seguono Trentino Alto Adige con il 72%, Lombardia con il 69,6% e Friuli Venezia Giulia con il 65,5%. Complessivamente, si registra un rallentamento nella crescita della differenziata solo in relazione all’umido. La frazione organica raccolta in modo differenziato cresce solo dell’1,6% nel 2017, mentre negli ultimi sette anni era aumentata di quasi 8 punti percentuali l’anno, con picchi del 9,6% tra il 2013 e il 2014. Accanto al crescere del problema del rifiuto dei rifiuti è cresciuta anche la massa di denaro connessa allo smaltimento e dunque l’ecomafia si è fatta avanti dappertutto in Italia.

Picolli ma significanti esempi sono ovunque come l’inchiesta “Assopigiatutto” della Magistratura campana nell’area di Piedimonte Matese con arresti ed indagati, eccellenti localmente. Ad esempio nel 2018 in Trentino ci sono state 15,2 denunce ogni 100mila abitanti, con un aumento del 64% rispetto al 2017. Questo dato ci proietta al 2° posto in Italia alle spalle della sola provincia di Firenze (22 denunce ogni 100mila abitanti) ma davanti a Foggia (13), Crotone, Modena, Barletta e Napoli. Il numero assoluto di denunce, nel 2018, in Trentino, è di 82. Da qualche anno il Sole 24 Ore elabora l’Indice della criminalità basandosi sui dati forniti dal dipartimento di Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno e relativi al numero di delitti commessi e denunciati. Nella classifica generale della criminalità riferita al 2018 la provincia di Trento è 64ª con 2.952,5 denunce ogni 100mila abitanti (in calo dell’1,2% rispetto al 2017), Bolzano è 75ª con 2.871,2 (in Alto Adige il calo è stato più sensibile: -4,6% rispetto al 2017). In testa è sempre Milano con 7.017,3 denunce ogni 100mila abitanti, nonostante un calo del 2,6%. Sul (triste) podio troviamo Rimini al 2° posto (6.430,1) e Firenze al 3° (6.252,8). A Rimini le denunce sono calate del 7%, a Firenze sono invece cresciute del 9,5%. Oltre all’indice finale, vengono fornite le graduatorie delle 106 province relative a 17 differenti tipologie di reato. «Giusto lanciare l’allarme riciclaggio in Trentino ma i dati vanno letti con attenzione», esordisce Andrea Di Nicola (foto a destra), professore associato in Criminologia alla Facoltà di Giurisprudenza di Trento e referente dell’Istituto di Scienze della sicurezza, progetto strategico dell’Università. «La propensione alla denuncia cambia da provincia a provincia», prosegue Di Nicola, «e in provincia di Trento le categorie che hanno obblighi antiriciclaggio – banche, intermediari finanziari, avvocati, notai, commercialisti – e che possono intercettare e denunciare attività di riciclaggio di denaro potrebbero essere più virtuose che da altre parti».

In Trentino abbiamo anche una Procura distrettuale antimafia. «Si è più abituati a fare indagini complesse in tema di criminalità organizzata», conferma Di Nicola. «Più capacità significa anche più emersione dei problemi. Altrove ci potrebbe essere più sommerso. D’altra parte», scuote la testa il criminologo, «se Trento è seconda, Bolzano è al 75° posto. E sono province che in qualche modo si assomigliano, come dimensioni. Come Belluno, Gorizia e Novara, che sono molto più indietro». Questi dati potrebbero essere dunque la spia di qualcosa che sta realmente succedendo. Curioso è vedere il bel sito del comune d’Alife sul riclaggio ”In Natura il concetto di rifiuto non esiste. Tutto ciò che termina il proprio ciclo di vita naturale viene assorbito dall’ambiente e rimesso in circolo, e questo è quello che dobbiamo fare: produrre oggetti e beni che possano essere assorbiti dall’ambiente una volta terminato il loro utilizzo. Fino a che ciò non sarà possibile, abituiamoci a valorizzare anziché gettare i rifiuti che produciamo. Dobbiamo imparare a considerarli una risorsa.

La soluzione è, innanzitutto, cercare di produrne il meno possibile e cercare di far durare il più a lungo possibile ciò che utilizziamo e, in seguito, valorizzare quello che scartiamo riutilizzando tutti i materiali che possono essere riciclati con la raccolta differenziata: la raccolta differenziata è infatti oggi il modo più sostenibile per smaltire i nostri rifiuti. Il riciclo nasce per fini ambientali ma ha anche effetti collaterali positivi e crea valore per la comunità” e poi leggere sui media che ad un regolare controllo degli organismi preposti si vede la pala meccanica coprire rifiuti su cui poi verrà costruito un caseificio. In materia di autorizzazioni al trattamento dei rifiuti si è ormai di fronte ad una vera e propria giungla normativa: autorizzazioni uniche, procedure semplificate, rinnovi “autocertificati”, autorizzazioni integrate ambientali, autorizzazioni uniche ambientali, valutazioni di impatto ambientale. Dal giugno 2017, al lungo elenco si è aggiunto il recepimento della nuova direttiva VIA, che ha anche introdotto nel nostro ordinamento il provvedimento autorizzatorio unico regionale: in apparenza uno straordinario strumento di semplificazione, che tuttavia nasconde molteplici insidie.  Il rischio di sbagliare è alto e le conseguenze per chi viene considerato “abusivo” sono sempre più pesanti. Prima era solo Napoli e periferia ad essere invasa dai rifiuti con lotte tra appalti ed appaltatori truffaldini con la onnipresenza endemica della camorra. Attualmente, invece, lo è anche la casertana periferia della “Terra dei Fuochi” come il territorio del Sannio Alifano, che i politici napoletani trascurano sempre, ma sono bene presenti solo per mietere voti prima e durante le tornate elettorali. Essi fanno leva soprattutto sul vecchio feudo elettorale piedimontese che risotterra ed affila le armi e ripropone alla segreteria del partito governativo le vecchie glorie di ex assessori signorsi e medici da rinominare all’urbanistica? In Campania, la gestione dei rifiuti (prevenzione, raccolta, recupero e smaltimento) continua ad essere una partita irrisolta sempre più al centro di scontri politici ed esasperazione delle comunità. Un ciclo poco circolare e ancora troppo intrappolato in scarse capacità gestionali, affari al limite della legalità, mancanza di trasparenza e complicati percorsi di accessibilità alle informazioni per i cittadini. Insomma, invece di un cerchio, il sistema di gestione dei rifiuti urbani della Campania continua ad essere un labirinto che ha come via d’uscita preferenziale lo smaltimento fuori regione di gran parte dei rifiuti, 800 mila tonnellate all’anno oltre il 30% del totale e la quasi totalità della frazione organica. Una logica che continua ad ingrossare il settore dei trasporti dei rifiuti, da sempre terreno fertile per le ecomafie.

La Campania rimane saldamente la capitale del traffico illecito di rifiuti: con 1.589 infrazioni accertate (il 19,9% sul totale nazionale), 1.688 persone denunciate, 20 arresti e 887 sequestri effettuati, la nostra regione consolida il suo primato nazionale. Eppure le comunità locali negli anni hanno messo in campo sforzi importanti ed oggi in Campania i “comuni ricicloni”, che superano il 65% di raccolta differenziata come previsto dalla legge, sono 238 su 550 corrispondenti ad una popolazione di 1.446.190 abitanti (dati 2017). Nel corso degli ultimi anni, la Regione Campania ha visto un sostanziale aumento della percentuale di raccolta differenziata passando dal 44%, nel 2013, al 52,8% nel 2017. Sempre più comuni, grandi e piccoli, in questi anni, hanno raggiunto e superato il 65% di raccolta differenziata, arrivando nel 2017 ad essere ben 238 su 550. Secondo gli ultimi dati Ispra, la Regione Campania ha prodotto, sempre nel 2017, 2.560.999 tonnellate di rifiuti urbani, di cui 678mila, pari al 27% del totale della produzione, è costituito dalla frazione organica del rifiuto solido urbano (FORSU). I rifiuti urbani indifferenziati, pari a 1.207.651 tonnellate, rappresentano, invece, il 47,2% del totale, con una produzione pro capite pari a 207,3 kg. È stato avviato l’iter, attraverso un piano economico di 250 milioni di euro, per la realizzazione di 13 impianti di trattamento dell’umido (Tab.2) e, inoltre, è stato avviato un programma economico da 9 milioni di euro per finanziare il compostaggio di comunità.

Attraverso queste azioni, la Regione mira a raggiungere l’obiettivo di trasformazione di questa frazione di rifiuto in una vera e propria risorsa da utilizzare come ammendante naturale, per evitare il trasporto fuori regione ed interrompere il pagamento della sanzione imposta dalla Comunità Europea, pari a 40.000 euro/giorno solo per l’umido (complessivamente la sanzione è pari a 120.000 euro/giorno). Un importante piano di gestione della frazione organica che però, numeri alla mano, mostra che c’è ancora molto da fare. Se analizzate nell’insieme, le capacità dei 13 impianti da realizzare, le capacità delle 122 compostiere di comunità inserite nel piano e l’impianto di Pontecagnano Faiano, la cui realizzazione è in agenda, rendono evidente ancora un ampio deficit, pari a 95.800 tonnellate/anno. Dai dati di Legambiente si evince l’affaire dei rifiuti che dalla Campania si estende a tutta la penisola per i possibili appalti truccati, che hanno fatto dimettere un altro napoletano eccellente, il Magistrato R. Cantone, che lancia l’allarme del fenomeno dell’ecomafie in crescita. Insomma i 60 miliardi di tangenti nella Pubblica Amministrazione non sono destinati a ridursi? Solo la crescita e l’evoluzione del suddito a cittadino può fare ben sperare. P. Calamandrei pensava che solo la scuola può compiere il miracolo di trasformare il suddito in cittadino.

Tale suo pensiero è ben evidenziato nell’Aula Magna della scuola media di Piedimonte Matese, accanto alla villa comunale e indicata a monito, non dal vescovo locale durante un concerto natalizio, ma dalla Commissario Prefettizio insediatasi in Comune dopo la caduta, per tangentopoli, del Sindaco V. Cappello.

Giuseppe Pace

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