Cultura

Ambiente di Napoli con il nuovo ministro campano dell’istruzione

Napoli, 31 Dicembre – Non c’è una città mondiale che manchi di una pizzeria dedicata alla Bella Napoli, come anche più di qualcuno che canti le sue canzoni. In Romania sentivo spesso le canzoni di Nino d’Angelo come sottofondo musicale dei barbieri, quasi tutte donne.

Vedi Napoli e poi muori…dalla puzza? Napoli è ancora baricentrale nel Mezzogiorno, ma è anche una metropoli unica al mondo. Napoli è meno provinciale di altre metropoli europee e mondiali, ma nel suo popolo spesso appare un tribale provincialismo di sentirsi al centro dell’Universo. Non sempre il popolo napoletano sa ed apprezza anche altre città, soprattutto italiane, magari meno chiassose, meno narcisiste, ma più efficienti nei servizi sanitari, scolastici, trasportistici, anagrafici, ecc.. Dopo la nomina a ministro dell’Istruzione, il Rettore dell’Università Federico II di Napoli, la memoria rimanda a via Mezzocannone, corso Umberto e vico San Marcellino, che lo scrivente frequentava nel 1970. Il non tanto noto motto dell’Università di Napoli Federico II è “Ad Scientiarum Haustum et Seminarium Doctrinarum”.

Dal loggione dell’elegante biblioteca del cortile del Salvatore, lo scrivente osservava il chiostro monumentale con le diverse statue e busti di uomini illustri: in nolano Giordano Bruno, il caiatino Pier delle Vigne, il napoletanissimo Giovan Battista Vico, Giacomo Leopardi, che a Napoli volle morire e dove conserva la sua poesia più nota ”L’Infinito”. Nella chiesa di Santa Maria la Nova, da pochi anni, è stato scoperto il Codice Dracula, cioè il principe romeno vi è sepolto perché la figlia Maria, maritata al conte Ferrillo, amico del re di Napoli di fine XV sec., lo ospitò dopo averlo riscattato come prigioniero dei turchi.

 

A pronunciarsi sull’argomento e della veridicità del Codice Dracula, è lo studioso lucano Raffaello Glinni che collabora con l’Università di Tallin, che con la sua equipe italiana, prova a far luce sul perché il Principe Vlad III sia sepolto a Napoli. Egli dichiara: «Nel 1476 il conte Vlad Tempes, Dracula, che appartiene all’Ordine del Dragone come il re di Napoli Ferrante D’Aragona, scompare durante una battaglia contro i turchi e viene dato per morto. Una delle sue figlie, Maria, all’età di sette anni viene adottata da una donna napoletana e condotta nel regno di Napoli. Qui in seguito sposa un nobile napoletano della famiglia Ferrillo. La coppia ottiene in «regalo» i territori di Acerenza in Basilicata, ma è legata a Napoli tanto che, alla morte, i coniugi vengono seppelliti a Napoli».

Il Dragone è il simbolo presente a rilievo sulla lapide Ferrillo riconducibile all’Ordine, ovvero una congregazione nobile-guerresca, a cui era iscritto (Dracul-Dragone) e anche Ferrante D’Aragona. Napoli ha rivestito e riveste un forte peso in numerosi campi del sapere, della cultura e dell’immaginario mondiale. Napoli è stata protagonista spesso dell’umanesimo e centrale nell’illuminismo europeo, è stata punto di riferimento globale per la musica classica e l’opera, buffa in particolare. Città dalla grande tradizione nel campo delle arti affonda le proprie radici nell’età classica (greca, sannita, romana, aragonese, angioina, borbonica, ecc.) ha dato luogo a movimenti architettonici e pittorici originali, quali il rinascimento napoletano nonché ad arti minori ma di rilevanza internazionale, quali il presepe napoletano e la porcellana di Capodimonte. Il Castello dell’Ovo racchiude il pensiero di Virgilio che fin quando l’uovo non verrà rotto il castello durerà. Virgilio e Plauto morirono a Napoli.

Napoli però eccelle anche in campi sociali negativi come l’arte d’imbrogliare, la malavita organizzata o camorra, l’abbandono scolastico, la tradizione imperante che frena l’innovazione, il destino quasi onnipresente, ecc. Ho sempre ribadito  comunque, ciò che anche altri rilevavano, che il Mezzogiorno in generale e Napoli in particolare svolge il ruolo di gigante politico e di nano economico, viceversa il Settentrione italiano. Sono di Napoli più presidenti della Repubblica (G. Leone, G. Napolitano), ma anche della Banca Europea e d’Italia, nonché dell’Autorità Anticorruzione, ecc. Tante personalità si sono formate in un ambiente socioeconomico italiano tra i più difficili. Dunque tali personalità della res publica, nazionale ed extra, hanno forse avuto il tempo, il luogo e le capacità di formarsi gli anticorpi per combattere meglio i problemi e le patologie del tessuto sociale nostrano. A Natale il presepe abbonda a Napoli e tutto diventa più speranzoso, ma i problemi socioeconomici si rimandano da troppo tempo.

Eccoci all’ultima nomina a capo di pezzi significanti della res publica: l’Istruzione italiana, che l’Ocse diagnostica non in buona salute qualitativa. Dopo le dimissioni, per insufficienti soldi assegnati dalla finanziaria alla scuola, dell’ex Ministro del Miur, l’attuale rettore dell’Università Federico II di Napoli, Gaetano Manfredi, è stato nominato ministro dell’Università e della Ricerca. L’annuncio è stato fatto dal presidente del Consiglio, G. Conte, nella conferenza stampa di fine anno. Il ministero dell’Istruzione sarà diviso in due: ci sarà un nuovo ministro dell’Istruzione con delega alla scuola, e un ministro apposito per la Ricerca e l’Università. La nuova ministra dell’Istruzione (e della Scuola) sarà l’attuale sottosegretaria L. Azzolina, che appartiene al Movimento 5 Stelle, mentre il nuovo ministro alla Ricerca sarà appunto G. Manfredi, ingegnere e attuale rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Nato a Ottaviano (NA), Manfredi è autore di 9 libri, e ha curato oltre 400 lavori scientifici pubblicati su rivista o presentati a congressi nazionali ed internazionali. Il neo ministro è stato coordinatore di numerosi progetti scientifici finanziati dalla Comunità Europea, dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, dal Ministero delle Attività Produttive, dal CNR, dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e da Aziende e Centri di ricerca Nazionali ed Internazionali. Congratulazioni Sig. Ministro dell’Istruzione anche perché proviene dal Sud e da Napoli, dove lo scrivente frequentò l’Università a fine anni Sessanta. Anche se è l’Università statale partenopea più antica di Bologna e di Padova, l’Ocse non la pone affatto tra le prime, anzi. Un amico napoletano a Padova da 45 anni, come lo scrivente, sostiene il detto che un foglio in bianco nelle mani di un milanese resta bianco, in quelle del napoletano si riempie di idee. In “Così parò Bellavista”, Luciano De Crescenzo si trova impegnato in un’insolita lezione sulla napoletanità. Gli uomini, afferma il suo personaggio, si dividono in uomini d’amore e uomini di libertà. Gli uomini d’amore dormono abbracciati e fanno il presepe. Gli uomini di libertà dormono da soli e fanno l’albero di Natale. I milanesi sono uomini di libertà, votati all’efficienza e al pragmatismo. Infatti si lavano sotto la doccia. I napoletani sono uomini d’amore, non hanno bisogno di spazio, vivrebbero sempre abbracciati. E si fanno il bagno, perché “il bagno è napoletano, è un incontro con i pensieri, un appuntamento con la fantasia”. Napoli ha meno turisti di Venezia, Roma, Firenze e se non avesse Pompei e la Reggia di Caserta, rilanciata bene quando era diretta da un settentrionale, sarebbe visitata ancora meno nonostante la ricchezza dei suoi giacimenti culturali.

Accanto a tali stereotipi c’è una napoletanità negativa che permette, difficilmente, di fare il cittadino onesto, trasparente ed attivo ad iniziare dall’endemico problema dei rifiuti e della non sufficiente percentuale di riciclaggio. Chi amministra e governa la res publica deve sapere che da anni il cittadino chiede di condurre l’Italia fuori dalle secche della tangentopoli diffusa, dall’eccesso di tassazione, da una scuola troppo burocratizzata e impiegatizia con lo scaricabarile di responsabilità, ministro compreso. Manca ancora la scelta della scuola (libera o statale), il docente da parte del fruitore del servizio scolastico ed universitario e più diffuse borse di studio solo per capaci e meritevoli non ricchi. A Napoli manca non poco dell’efficienza del sistema economico-sociale del settentrione e fa piacere sentire che la Campania è per l’autonomia regionale anche della scuola. Staremo a vedere e se sono rose fioriranno, ma si ha l’impressione che sia il Vento leghista che la Campania giallo-rosso siano sulla strada non adatta perché nessuna, delle due realtà culturali e politiche, pensa ad un sistema d’istruzione più libero dai lacci e lacciuoli burocratici e con docenti tutti considerati uguali come in nessun’altra parte del mondo civile.

 

Giuseppe Pace

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