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Acerra, al Teatro Italia Lello Arena in “Miseria e nobiltà” di Eduardo Scarpetta

Miseria e la miseria! Tal è la condizione umana!

 

Acerra, 10 Gennaio – Una versione di Miseria e Nobiltà, di Edurado Scarpetta, con protagonista, nel celebre ruolo di Felice Sciosciammocca, Lello Arena con adattamento a cura dello stesso Arena e Luciano Melchionna  che ha curato  la regia.

Su di un opuscolo informativo le note di regia spiegano bene il senso dello spettacolo: “Una cosa è certa, l’una non esisterebbe senza l’altra, così come il palazzo signorile, affrescato e assolato, non starebbe in piedi senza le sue fondamenta buie, umide e scrostate. Un perfetto ecosistema: senza un solo elemento, crolla l’intera ‘architettura’. In uno scantinato/discarica, mai finito e mai decorato, dove si nascondono istinti e rifiuti, tra le ceneri della miseria proliferano e lottano per la sopravvivenza ‘ratti’ che presto, travestiti da ‘cani o gatti’, sgomiteranno per salire alla luce del sole. Sono personaggi che trascinano i propri corpi come fantasmi affamati di cibo e di vita. ‘Ombre si dice siano, queste maschere, ombre potenti’ in bilico tra la miseria del presente e la nobiltà della tradizione, intesa come monito di qualità e giusto equilibrio. In un pianeta dove i ricchi sono sempre più ricchi, grazie ai poveri che sono sempre più poveri, non ci resta che… ridere”.

 Meritano citazione gli attori: Lello Arena, Maria Bolignano, Giorgia Trasselli, Raffaele Ausiello, Veronica D’Elia, Marika De Chiara, Andrea De Goyzueta, Alfonso Dolgetta, Sara Esposito, Carla Ferraro, Luciano Giugliano, Irene Grasso, Fabio Rossi.  La trama di Miseria e nobiltà, è anche un film datato 1954 è nota; qui riproposta in alcune variabili secondo dinamici accorgimenti di regia; Felice Sciosciammocca è un personaggio che sta in condizioni misere, separato dalla moglie Bettina. Vive lavorando come scrivano. Ha un  figlio,  Peppiniello, la compagna Luisella, l’amico Pasquale, di professione attore in attesa di tempi migliori.

La moglie di quest’ultimo Concetta e la loro figlia Pupella completano il quadro. La vita travagliata delle due famiglie è scandita dalla cronica mancanza di sostentamento. Poca importa al padrone di casa, don Gioacchino che in scena indossa un abbigliamento da Sherlock Holmes. La grande opportunità della vita sembra arrivare quando alla loro porta irrompe  uno stravagante  marchesino Eugenio Favetti. Il giovane è innamorato della  bella ballerina Gemma, ma la sua famiglia si oppone. Al contrario, il padre della ragazza, Gaetano Semmolone, un ex cuoco, divenuto molto ricco, è felice; imparentarsi con dei nobili sarebbe il sogno. Il marchesino dunque, in cambio di un compenso, chiede a Pasquale di impersonare i suoi nobili parenti. Poco dopo le due famiglie ricevono la sorpresa: un pranzo completo portato a domicilio. Il merito è di Luigino, altro figlio di Semmolone e innamorato di Pupella, per amore della quale si è caricato gli affitti arretrati e ha offerto il pasto; in questa versione il pranzo, i celebri spaghetti, è calato, gettato dall’alto da una pentola di grosse dimensioni; i personaggi si avventano come lupi affamati verso un pranzo inaspettato, come una preda agognata.

A Casa Semmolone; Bettina, prima moglie di Felice, vive in quella casa. Ingannato dalla messinscena del marchesino, Gaetano impressionato dai “nobili” malgrado il loro finezza non sempre impeccabile, acconsente al matrimonio tra i due giovani e persino a ospitare per dieci anni i suoi acquisiti  parenti. Gli eventi precipitano: Felice ritrova Bettina, e in seguito lo stesso figlio Peppeniello. Nel frattempo giunge, annunciandosi con lo pseudonimo di “Bebè”, il vero marchese Ottavio per prendere il caffè pomeridiano. Le cose si complicano ulteriormente quando arriva anche Luisella, con un vistoso cappello di forma parallelepipedo dal quale escono rametti di una pianta ornamentale, nei panni della debole principessa di Casador.

È l’inevitabile: Luisella, prima di congedarsi, svela a Gaetano tutto il piano architettato da Eugenio; il consenso del vero padre fa da quiete. La storia assume una versione particolare: i personaggi escono da una botola che collega le due sub scene; la Gemma ballerina è, in alcuni punti, in scena in divisa di color nero da ballerina; sullo sfondo una colonna sonora che ben accompagna la proposizione; il tutto è un continuo ruotare in un gioco di coordinazione. Tutto termina: le varie coppie si ricongiungono, compresi i giovani Luigino e Pupella e, ovviamente, Felice e Bettina che possono tornare a vivere. L’ultima parola di congedo con il pubblico è per Felice con un discorso di riflessione conclusiva tra la miseria e la stessa miseria.  Una commedia che lascia una riflessione; uno stravolgere positivamente, rimanendo nel solco della storia.  Il copione; una rilettura dei personaggi a 360 gradi che prendono nuova forma.

La scena nel secondo atto ha delle nuove connotazioni; due scene soprapposte: l’elegante appartamento e il bassofondo della miseria, entrambi ben visibili! Un riflessione balza subito alla mente risultato di un attenta e mirata regia: la nobiltà poggia sulle fondamenta della miseria; togliendo quest’ultima crolla tutto. Miseria rappresentata nella scena del primo atto: tende logore, abiti più che consumati, una ringhiera di legno che servirà da base di appoggio; in quell’ambiente i personaggi, alcuni femminili in abiti maschili, deformati positivamente, artisticamente, in senso recitativo sono costretti a saltare, camminare inginocchiati strisciare in una lotta per la sopravvivenza! Felice Sciosciammocca forse toglie un poco la maschera tradizionale per indossarne una più borghese; un personaggio che potrebbe essere motivo di studio; probabilmente ha subito una contaminazione e ha perso, un poco, la sua connotazione farsesca!

Egidio Osti

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